Arroccata sulle sponde del fiume Malè, la Locanda del Guado è l'ultimo baluardo di calore e ristoro per le carovane che affrontano il lungo viaggio da Skuld alle remote Terre dei Fedeli. Il suo tetto di assi scure e il grande camino fumante si stagliano contro il cielo plumbeo delle regioni del nord, segnalando un rifugio sicuro tra le nevi perenni e le terre selvagge.
In origine, la locanda non era altro che una vecchia casa di guardia, un avamposto in rovina che presidiava il guado sul fiume Malè. Fu Duarte, uno dei primi immigrati a Kaskala, a vederne il potenziale: rimboccandosi le maniche, ricostruì la struttura con tronchi massicci, rinforzando le mura con pietra locale e travi di quercia annerite dal tempo. Oggi, l'edificio mantiene un aspetto robusto e difensivo, con feritoie riconvertite in finestre e una torretta di avvistamento che offre una visuale strategica sul guado.
Varcata la soglia, l'odore di legno bruciato, birra scura e carne speziata accoglie i viandanti. Il grande salone centrale è dominato da un focolare di pietra, attorno al quale sono disposti panche e tavoli robusti, segnati dal passaggio di centinaia di viaggiatori.
Lungo le pareti, scaffali ricolmi di oggetti esotici narrano delle storie di chi si è fermato qui: corni scolpiti, maschere delle Terre dei Fedeli, coltelli con impugnature intarsiate provenienti dai mercati di Skuld. Un grande bancone di noce scuro si trova di fronte al camino, dove Duarte serve con mano sicura le sue specialità.
Al piano superiore si trovano le stanze per i viaggiatori, modeste ma calde, con coperte di lana spessa e candele che emanano una luce tremolante. Una scala stretta conduce anche a una cantina scavata nella roccia, dove Duarte conserva botti di liquore e provviste per i lunghi inverni.
La Locanda del Guado è più di un punto di ristoro: è un crocevia di storie e segreti. Carovanieri, mercanti, esploratori e perfino emissari delle Terre dei Fedeli trovano qui un luogo sicuro dove scambiare informazioni e commerciare beni preziosi. Di notte, le ombre danzano sulle pareti mentre i viaggiatori condividono racconti su banditi lungo il fiume, bestie misteriose nei boschi e le insidie delle nevi eterne.
Ma Duarte sa bene che la locanda non è solo un rifugio: i confini tra civiltà e barbarie sono sottili, e non tutti coloro che si fermano al Guado hanno buone intenzioni. Per questo, il vecchio locandiere tiene sempre una lama nascosta sotto il bancone, e le sue orecchie sono attente a ogni parola sussurrata tra le fiamme del camino.